Un piccolo promontorio sulla piatta linea di costa, a metà strada tra il Gargano e il Salento, fece la differenza e segnò la genesi. E lì che i primi abitanti si insediarono. Protetti nell’intorno, da mura di difesa trovarono nell’attiguo porto la propria identità. A quel primo nucleo i romani diedero un nome: Barium. In tempi successivi, dai normanni agli angioini, fu un castello a proteggere la città cresciuta grazie ai commerci e divenuta la Civitas di S. Nicola. Nuove fortune, frutto di scelte politiche contingenti, favorirono la città ad inizio ottocento con Re Murat che propose la nuova città di Bari fuori dalle mura, mentre il “ventennio”, d’inizio novecento, ne disegnò altre valenze e simboli sul fronte mare. Il dopoguerra e le nuove necessità svilupparono la città in altre direzioni per nuovi quartieri. Oggi, nel secondo millennio, la freccia del tempo sottolinea nuove esigenze di modernità ed efficienza della città di Bari. Per ripensare ad essa è fondamentale conoscerne le peculiarità, la storia, fattori indispensabili per interpretare, ricostruire, valorizzare attraverso l’architettura, l’urbanistica, identità e relazioni spesso sbiadite di pezzi della città.
“Margini, confini, frontiere” evocano un limite ma possono rappresentare una anche una sfida come quella lanciata dal titolo della prima edizione del BiARCH, Bari International Archifestival, tenutosi in città nel mese di settembre.
L’iniziativa, proposta dal Comune di Bari con il supporto del progetto scientifico redatto dal Politecnico di Bari, si è classificata al primo posto (su sei progetti proposti) nell’apposito bando nazionale ed è stata finanziata dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Il Festival, che ha ottenuto grande rilievo ed interesse pubblico, non solo in città, tanto da chiederne a più voci una sua istituzione, si è articolato in tre sezioni seguendo il titolo della manifestazione:
I temi “Confini” e “Frontiere”, sono stati dedicati soprattutto ad esperimenti di riattivazione urbana attraverso linguaggi transdisciplinari quali cinema, fotografia, video con uno sguardo ai processi di appropriazione degli spazi comuni e di coabitazione nelle città. Il tema “Margini” invece, di grande rilevanza, è stato sviluppato dal Politecnico di Bari con il supporto scientifico del Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura (DICAR). “Margini” è stato dedicato a contesti del capoluogo connotati da condizioni di crisi della forma urbana, generate da cesure irrisolte, sia interne alla città consolidata che relative alle periferie e ai territori costieri. Ciò ha visto il coinvolgimento di circa 150 partecipanti, tra docenti del Poliba e di altre università italiane e internazionali, gli studenti di architettura e ingegneria del Poliba, professionisti di settore. Ciascuna di queste problematiche è stata indagata attraverso una mostra ed un workshop di progettazione tenutesi presso il Palazzo della Provincia (1-26 settembre) e il Teatro Margherita di Bari.
Mostra e workshop, articolati in tre sezioni corrispondenti ai temi assunti: “GreenVille”, dedicato alla riforma dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, BlueVille”, votato alla riscrittura della città e dei paesaggi dell’informale costiero, e “Port within the City”, alla relazione tra gli spazi della città e le aree portuali, sono stati accompagnati dalla presentazione dei progetti, da tre convegni e da due lectio magistralis tenute da Anne Lacaton (Lacaton&Vassall, Parigi, Premio Prizker 2021) e da Fernando Espuelas (UE_Madrid) sulle tecniche compositive di riforma del patrimonio edificato delle periferie e sui caratteri e sui valori dello spazio domestico.
Tale articolato programma ha rappresentato momenti di grande partecipazione, di discussione pubblica e di dialogo tra il mondo della ricerca accademica e quello degli Enti di governo delle città e dei territori.
Temi impegnativi dunque, quelli affrontati dal Politecnico con il Dipartimento ICAR, ma anche affascinanti, sfidanti. Il Porto e la città. Due identità distinte, indipendenti, nello stesso luogo, separate da una linea di confine marcata, hanno creato nel tempo una fascia “grigia” lungo la linea di separazione. In tale area si colloca anche il Castello Normanno-Svevo. C’è la necessità di ripensare a tale rapporto, il più antico. Il porto, secondo il prof. Gino Malacarne dell’Università di Bologna, intervenuto ad uno dei workshop, dovrebbe diventare il ‘teatro urbano’ della città, confermando la sua centralità e importanza”. Diventa allora fondamentale lavorare su tali spazi di confine per costruire una nuova relazione tra la città e l’autonomia del porto e lo straordinario valore che il bacino d’acqua riveste per la città che lo contorna.
Le aree periferiche. Sono state presi in esame tre quartieri della città: Japigia, San Pio (il più problematico), Santa Rita. “Bisogna partire dall’esistente – sostiene il prof. Francesco Defilippis del Poliba. Intravedere e interpretare le bellezze dei luoghi, come Lama Picone o la cava di Maso (Santa Rita) per recuperare e valorizzare quello che già esiste con interventi mirati. Questo è il primo passo, propedeutico a successivi interventi che riguardano la significazione del rapporto tra il quartiere e gli adiacenti spazi aperti e del ripensamento degli spazi vuoti tra gli edifici .
La costa a sud di Bari. Indubbiamente è il luogo dove si è concentrata di recente l’attenzione comunale per una riqualificazione della costa sud, anche attraverso i risultati di un concorso internazionale. Anche in questo caso, come per il porto, è fondamentale il recupero del rapporto della città con il mare con l’obiettivo di ripensare le morfologie e le spazialità incerte e incompiute degli insediamenti diffusi e informali, riconoscendo e consolidando i valori di bellezza intrinsecamente posseduti da questi brani di paesaggio naturale, nella prospettiva di rilanciare in chiave soprattutto turistica, ma anche residenziale e produttiva, questi luoghi tutt’oggi degradati.
I convegni dedicati al “Progetto della forma della città aperta” (Teatro Margherita, 13 settembre) e al “Progetto per il patrimonio” “aula magna “Domus Sapientiae”, DICAR, 20 settembre) hanno offerto spunti e riflessioni di qualità.
BiArch ha favorito incontri e confronti di alto livello su temi di grande attualità dai quali è emersa la proposta di rendere periodica tale iniziativa così come ha sostenuto il Rettore del Politecnico, Francesco Cupertino, ovvero di “istituzionalizzare o replicare annualmente, a settembre, un evento come il BiArch”. Iniziativa, questa, che ha consentito di rafforzare le relazioni del Poliba con il territorio e di offrire suggerimenti per le azioni di governo”.
Soddisfatto anche il prof. Carlo Moccia, responsabile scientifico (assieme al prof. Francesco Defilippis) dell’iniziativa Poliba, neo Direttore del Dipartimento ICAR. “Il BiArch, aldilà della qualità dei temi affrontati e delle proposte, ha misurato anche l’enorme interesse del pubblico per una città, Bari in cui riflettere la qualità della vita. Non solo. Esso ha consentito la possibilità di portare all’esterno del Politecnico quello che facciamo nel nostro ateneo. Il successo dell’iniziativa può rappresentare un primo auspicato passo per rendere il BiArch un appuntamento fisso periodico di confronto e di proposte”.
Se la triennale di Milano o la biennale di Venezia sono riferimenti di prestigio nazionali ed internazionali irrinunciabili perché non aggiungere Bari, al sud, in un prossimo futuro?