I capi d’accusa, per i quali oggi la Corte d’Assise di Taranto ha comminato condanne a 44 imputati e 3 Società, danno una idea dello straripante disastro ambientale compiuto a Taranto.
Un punto fermo di questa sentenza della Corte d’Assise è la conferma del piano accusatorio per cui, dopo 5 anni di udienze e relativi dibattimenti, ha prodotto pesantissime condanne per gli attori del passato, ma non ha deliberato alcuna garanzia per il presente.
La sentenza ordina la “confisca degli impianti dell’area a caldo” che però diventerebbe esecutiva solo dopo che questa passi in giudicato.
E’ in itinere quella del Consiglio di Stato che ci auspichiamo tenga in debito conto quanto già scaturito oggi.
La Politica, molto attenta alle ragioni del Nord, ha già messo le mani avanti sostenendo di voler continuare a produrre a Taranto acciaio pulito, ma che ci vorrà tempo.
Tant’è che la nuova società, Acciaierie d’Italia di Taranto, si è affidata alle competenze del neo promosso Direttore Generale Adolfo Buffo, che, col suo operato, in questo stesso processo vantava la richiesta dei PM di 17 anni di reclusione, ma ne esce (si fa per dire) con una condanna a 4 anni di reclusione.
Tutte premesse queste che per moltissimi anni qui a Taranto non cambierà nulla.
Si annunciano investimenti in questo stabilimento ormai vetusto e disastrato fin nel sottosuolo, con la consapevolezza di dover continuare a produrre con altiforni, da lungo tempo sul banco degli imputati, che col loro inquinamento impediscono insediamenti produttivi più consoni alle caratteristiche del territorio.
Infatti nel PNRR del Governo non c’è traccia di investimenti infrastrutturali finalizzati alla opportuna diversificazione produttiva di Taranto.
Contro questo vero e proprio delitto socio- economico il M24A si batte e mette in guardia dal non lasciarsi incantare dalla propaganda della decarbonizzazione della produzione, in quanto non eliminerebbe l’area a caldo, già oggetto di sequestro e di confisca.
Il Governo deve capire che Taranto ha già dato.
Se vuole adottare l’alchimia della decarbonizzazione, lo faccia in un nuovo sito opportunamente ubicato nel rispetto delle direttive Seveso.
Proceda allo smantellamento delle strutture ormai collabenti e causa di numerosi incidenti anche mortali, e restituisca le aree opportunamente bonificate alla città per l’insediamento di industrie ecosostenibili.
Per non causare ulteriori gravi danni al territorio, inserisca ora nel PNRR la realizzazione delle vitali infrastrutture per lo sviluppo delle attività del porto e dell’aeroporto. Queste sì, consentirebbero sviluppo economico produttivo vero di Taranto e dell’Italia stessa.
Giuseppe Palemburgi – gds comunicazione M24A ET Taranto.
Il referente provinciale Giuseppe Capobianco