Gli architetti Maurizio Barberio, Micaela Colella, giovani laureati in architettura e dottori di ricerca del Poliba, hanno ottenuto la menzione d’onore, nella competizione internazionale, “Cool Abu Dhabi Challenge”, con il Progetto, “Urban Dunes”, una copertura sostenibile stampata in 3D il cui materiale da costruzione è la sabbia del deserto.
Alla competizione di architettura, promossa dal Dipartimento dei Trasporti di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi, sul tema: raffrescare gli spazi urbani in modo efficace ma sostenibile, hanno risposto studi di progettazione da 62 Paesi.
La proposta degli architetti pugliesi, arricchita dalla partecipazione del loro collega, Angelo Figliola, è caratterizzata da una innovativa copertura voltata, costituita da blocchi stampati in 3D che utilizza un materiale povero ed economico, ma abbondantemente disponibile: la sabbia del deserto. Grazie alla tecnica del binder jetting, utilizzando un legante, è possibile rendere solidali i granelli di sabbia tra loro, permettendo la fabbricazione di blocchi di grandi dimensioni con un alto livello di precisione. Il progettio, in particolare, prevede un sistema voltato con sistemi di raffrescamento passivi, a bassa tecnologia e basso costo, in grado di raffrescare senza l’impiego di energia elettrica. La copertura, “Urban Dunes” infatti, è una volta complessa, caratterizzata da una serie di archi che permettono l’ingresso nello spazio pubblico. La principale strategia di raffrescamento consiste nell’elevata inerzia termica della copertura in sabbia stampata in 3D e di ulteriori accorgimenti aggiuntivi quali: verde, correnti d’aria, acqua.
I progetti selezionati dalla giuria, tra i quali quello dei tre architetti pugliesi, sono al vaglio dell’amministrazione di Abu Dhabi e costituiranno la base per la definizione di nuovi modelli di copertura per ombreggiare e raffrescare gli spazi pubblici della città.
Pensando alla loro terra, la Puglia, sono convinti che un progetto simile potrebbe essere messo a punto utilizzando gli scarti di lavorazione del settore lapideo o altri materiali poveri disponibili in loco. Insomma, un’architettura 4.0 a km 0.