La giornata di mobilitazione del 6 maggio ’22 ha segnato una chiara rottura tra i lavoratori e la gestione attuale della fabbrica anche rispetto al quadro di incertezza che riguarda il futuro di un territorio stanco di aspettare un processo di riconversione industriale.
Sono passati troppi anni dal 2012 e sembra che il tempo non abbia giocato a favore dei lavoratori e della città, al contrario abbiamo assistito a continui rinvii sul processo di risanamento ambientale ed una situazione insostenibile per i lavoratori di Acciaierie d’Italia e Ilva in AS falcidiati da anni di cassa integrazione e da una situazione che rischia di implodere tra i lavoratori dell’appalto.
Servono delle risposte concrete anche a seguito della decisione assunta dalla Procura di Taranto che ha confermato il sequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico e che potrebbe rinviare il riassetto societario con una ulteriore rivisitazione del contratto di marzo 2021 tra Arcelor Mittal, la gestione commissariale di Ilva in AS e il governo.
Il governo dovrebbe chiedersi cosa stia accadendo a Taranto nella gestione della fabbrica, di un bilancio sconosciuto a molti, di una produzione che non riesce a decollare per l’assenza di interventi manutentivi e di investimenti necessari a garantire una produzione a 6 milioni di tonnellate annue. Cosa accade in fabbrica? Quali sono gli investimenti su sicurezza e ambiente? Come viene utilizzata la cassa integrazione? Quale sarà il futuro piano ambientale e industriale? Quale sarà il futuro dei lavoratori di Ilva in AS? Cosa farà adesso il governo dopo il parere negativo della Procura di Taranto sul dissequestro? Quali saranno i futuri interventi e come si concluderà la questione dell’ingresso di Invitalia a maggioranza nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia?
Sono domande legittime che i lavoratori e le organizzazioni sindacali si pongono e che, in questi mesi, non hanno mai trovato risposte. In assenza di misure concrete necessarie a salvaguardare l’occupazione l’attuale gestione della fabbrica troverà una ferma opposizione di Fim, Fiom, Uilm e USB con il proseguo delle iniziative di mobilitazione che inevitabilmente saranno sempre più importanti ed incisive.
Infatti, l’ingresso di INVITALIA nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia, al momento con una quota di minoranza, avrebbe dovuto garantire un rilancio dello stabilimento a partire dalla gestione degli impianti e investimenti necessari per avviare un processo di transizione ecologica.
Invece, continuiamo ad assistere ad interventi del governo, il quale interviene per socializzare i debiti, salvo poi lasciare gestire i profitti alla multinazionale che continua a lasciare in cassa integrazione migliaia di lavoratori. L’incapacità del governo di favorire un confronto tra la gestione Morselli e i sindacati è emersa palesemente in occasione del mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria, in cui il Ministero del Lavoro, di fatto, ha cercato di far saltare l’accordo del 6 settembre 2018, con delle modalità poco trasparenti, in particolare la parte inerente la clausola di salvaguardia occupazionale dei lavoratori Ilva in AS.
Fim, Fiom, Uilm e Usb richiedono l’apertura di un tavolo permanente presso il Ministero dello sviluppo economico con la partecipazione dei ministeri coinvolti, a partire dal Ministero del Lavoro e della Transizione Ecologica per il raggiungimento di una soluzione definitiva per la vertenza Taranto. La vertenza Taranto, infatti, richiede strumenti straordinari per il raggiungimento di obiettivi chiari e capaci di mantenere in equilibrio sia la sostenibilità ambientale che sociale di un territorio già fortemente provato.
Pertanto, continueremo a dare continuità all’iniziativa dello sciopero del 6 maggio programmando degli incontri con le istituzioni e avviando dei percorsi assembleari con i lavoratori per costruire un’altra grande mobilitazione che possa far tornare al centro del dibattito politico il diritto alla salute e al lavoro.
RSU – Segreterie Provinciali Fim – Fiom – Uilm – Usb